Le nostre recensioni
Mommy
- Regia: Xavier Dolan - Francia, Canada 2014.
È chiaro che Mommy da un punto di vista formale sia intrigante.
Ma la
domanda da porsi è: quanto questa forma è funzionale al contenuto?
Infatti è elevato il rischio di cadere in una rappresentazione
compiaciuta ed estetizzante (i ralenty, la paletta fortemente oro). Si
tratta di voler esprimere visivamente la personalità schizzata e
narcisistica del protagonista? Allora perché chiamare il lungometraggio
Mommy e non concentrarsi soprattutto sulla madre? Forse è proprio nella
difficoltà di scegliere un punto di vista forte e dominante che risiede
la principale debolezza del film. La sceneggiatura si rivela altrettanto
disordinata: perché terminare il film sul personaggio di Steve (tra
l'altro con un'eroicizzazione e un "grido di libertà" assolutamente non
necessari) e non su quello di Diane, com'era iniziato? L'idea della
legge orwelliana è poi a dir poco imbarazzante, i dialoghi spesso
verbosi. Qui come altrove sarebbe consigliabile che un regista, invece
di volersi a tutti i costi spacciare come Autore, si affidasse a degli
sceneggiatori veri. Un altro rischio è quello di creare un "simbolismo"
che un realtà non lascia molta libertà alla riflessione dello
spettatore: giocare col formato dell'immagine è senza dubbio ambizioso,
ma una volta che si capisce l'equazione (mi sento soffocato / posso
finalmente respirare un po') diventa sterile.
Oppure la metafora appare
strana e fuori luogo: come interpretare l'incipit, evidente citazione
del Peccato Originale di Eva? O come interpretare l'alternanza tra un
registro rozzo e sfacciato, offensivo nei confronti dei personaggi (una
panoramica che si apre sul primo piano del sedere di Diane, ad esempio)
e un altro che ci domanda disperatamente d'identificarci con queste
figure? Non mancano poi dei momenti di esagerazione melodrammatica che
neanche l'Arthur Penn più infelice (si vedano la sequenza dell'arresto e
quelle subito successive) che causano un effetto contrario a quello
ricercato: un rigetto da parte dello spettatore. La colonna sonora è
tutta composta da canzoni-tormentoni, ovvero dalla compilation diegetica
del ragazzo, per una volontà di "realismo" (come il regista ha rivelato
in un'intervista).
Ma allora come spiegare le battute che i due
protagonisti inventano a partire da titoli di film neanche così
mainstream (Diane: L'ultima casa a sinistra; Steve: dà del Kirikù
all'autista)? Insomma, Xavier Dolan appare confuso. Chi scrive, forse
aiutato dal fatto di non aver visto i suoi film precedenti, è convinto
di non trovarsi davanti a un'opera matura ma a un regista che deve
ancora trovare la propria strada. Per questo motivo avremmo potuto
elencare come molti altri hanno fatto i pregi del film e tesserne le
lodi, ma abbiamo invece preferito mostrare i limiti di quella che rimane
a tutti gli effetti un'opera più che sufficiente.
Stefano