Suburbana Collegno

UNE JEUNE FILLE QUI VA BIEN

mercoledì 24 giovedì 25 gennaio 2024 - ore 21

Regia e sceneggiatura: Sandrine Kiberlain - Fotografia: Guillaume Schiffman - Montaggio: François Gédigier - Interpreti: Rebecca Marder, André Marcon, Françoise Widhoff, Anthony Bajon, Cyril Metzger, India Hair, Florence Viala, Ben Attal, Jean Chevalier, Bastien Bouillon - Francia 2021, 98’, in collaborazopne con’Institut français e l’Alliance Français Turin.

1942, Parigi è occupata dai tedeschi. Irène è una ragazza ebrea alle prese con il sogno di diventare attrice e i suoi primi amori. Frequenta il conservatorio d’arte drammatica e prepara con il compagno di studi Jo una scena da una pièce di Malraux per l’esame finale. Vive in modo spensierato dividendo la quotidianità con il fratello maggiore Igor, il padre premuroso e la nonna Marceline sua confidente. Ma la persecuzione nazista incombe. Dalla storia della nonna della regista.

Une jeune fille qui va bien, sorprendente esordio dietro la macchina da presa e come sceneggiatrice dell’attrice francese Sandrine Kiberlain, è uno dei titoli più belli e meritevoli tra quelli presentati in concorso alla 39ma edizione del Torino Film Festival. La Kiberlain costruisce un romanzo di formazione interrotto con violenza e brutalità dai drammatici eventi storici che videro il dilagare dell’orrore e della follia nazista in Europa e nel mondo. L’originalità del film, scritto in prima persona dall’attrice e regista francese, sta nel non mostrarci le forze di occupazione, i loro atti di violenza e sopraffazione già al centro di decine e decine di film che si sono occupati dell’Olocausto e della Seconda guerra mondiale. Per buona parte di Une jeune fille qui va bien ci troviamo in un contesto storico che evita, volutamente, di essere riconoscibile e individuabile a prima vista. I segni iniziano poi a intravedersi nel volto sempre più preoccupato della nonna e del padre davanti alle limitazioni via via sempre più stringenti e alla campagna di discriminazione nei confronti del popolo ebraico. Irène sembra quasi non accorgersene, intenta com’è a vivere la sua vita, ad assaporarla con tutta se stessa, escludendo dal suo sguardo (e di conseguenza dal nostro) i segni di un orrore crescente destinato, in uno dei finali più potenti, incisivi e indimenticabili degli ultimi anni, a sbranare e divorare la sua giovinezza. (Boris Schumacher, ilbelcinema.com)

Irene è una protagonista forte, guidata da una passione smisurata per la recitazione e il teatro, che viene presentata sin dalle prime scene attraverso molte sfumature. L’attrice in erba, civettuola ed esuberante con i compagni di classe. L’impiegata diligente e seriosa presso il teatro in cui fa la maschera di sala. La ragazza un po’ pedante, dolce e ingenua tra le mura di casa con il padre, la nonna e il fratello maggiore. (…). Irene canta, ride, si impappina davanti al ragazzo che le piace e poi si innamora e osa perché è coraggiosa e fa sorridere anche se man mano che la sua storia ci viene raccontata, in parallelo, di soppiatto un’altra storia s’insinua nella sua, più conosciuta e decisamente terribile. Come un’ombra si insinuano sotto le porte le prime fasi delle leggi razziali e con esse la tensione sale nel padre di Irene che vuole obbedire per non passare guai, nella nonna che invece vorrebbe ribellarsi e nel fratello che prova vergogna e rabbia. Anche Irene subisce e ingoia e spinge in fondo al cuore come può e finché può. (…) Guardiamo Irene e la sua gioia di vivere e la sua fiducia ed entusiasmo nel futuro nonostante sappiamo tutti cosa storicamente sia successo da quel 1942 in poi e ci immedesimiamo grazie a questo sguardo limpido e unico della Kimberlain. (Valentina Di Martino, lumiereeisuoifratelli.com)